Bartolomeo Cattafi, per tutti Bartolo, nasce il 6 luglio 1922 a Barcellona Pozzo di Gotto, in provincia di Messina, da una famiglia di professionisti e proprietari terrieri. Per il poeta, nato orfano di padre, fondamentale figura di riferimento, oltre alla madre Matilde, è lo zio Enrico Barresi, uomo colto e impegnato in quegli anni nell’amministrazione politica di Castroreale. Grazie allo zio Enrico, Cattafi frequenta, ancora bambino, la casa del futurista siciliano Guglielmo Jannelli, dove a darsi convegno erano personalità effervescenti quali Giacomo Balla, Fortunato Depero, Vann’Antò e Filippo Marinetti.

Finito il liceo classico nel 1940, Cattafi si iscrive alla Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Messina, ma deve interrompere gli studi perché chiamato alle armi. La traumatica esperienza militare nel 17° Battaglione d’Istruzione a Forlì, ironicamente ribattezzato «distruzione», si conclude ben presto per il crollo psicofisico della recluta. Rientrato a Barcellona, Il poeta porta a termine gli studi universitari nel 1944, anche se non praticherà mai la professione forense. Si dedica invece a intense letture, spaziando dalla storia, alla filosofia, alla letteratura, al teatro e al cinema. Testimone dei suoi svariati interessi giovanili è una cospicua serie di articoli apparsa in quegli anni sulla stampa locale.

Bartolo Cattafi ventenne coi compagni di università, ritratto al centro della foto. Anno 1942

A cominciare dalla primavera del 1947, Cattafi cerca di inserirsi nel mondo del lavoro a Milano, ma con scarso successo a causa di un’irriducibile indisponibilità a sottostare a una routine impiegatizia. Per alcuni anni svolge saltuaria attività di giornalista e pubblicitario, interrotta, all’inizio degli anni Cinquanta, da frequenti viaggi in Europa, in Africa settentrionale e da temporanei rientri in Sicilia. Nella città lombarda Cattafi entra in contatto con intellettuali e poeti che diverranno presto suoi amici e sostenitori, tra i quali rimarrano fondamentali negli anni Giovanni Raboni, Vittorio Sereni, Vanni Scheiwiller, Luciano Erba e Sergio Solmi. Specie grazie all’interessamento di Sereni e Solmi, le poesie di Cattafi escono inzialmente su riviste e antologie.

Nel 1951 è pubblicata a Milano, per le Edizioni della Meridiana, la prima raccolta di versi del poeta, Nel centro della mano; segue nel 1955, Partenza da Greenwich, curata personalmente da Sereni. Una selezione tratta da queste due prime raccolte, intitolata Le mosche del meriggio, uscirà con lusinghiere recensioni nella prestigiosa collana mondadoriana de I poeti dello “Specchio” nel 1958 e farà ottenere al poeta il premio Cittadella nel 1959. Nel frattempo Cattafi è inserito in importanti antologie di poesia contemporanea, tra le quali vale sicuramente ricordare Quarta generazione, a cura di Piero Chiara e Luciano Erba (1954), La giovane poesia – Antologia e repertorio, a cura di Enrico Falqui (1956) e Poesia italiana contemporanea (1909-1959), a cura di Giacinto Spagnoletti (1959).

La produzione poetica prosegue, raggiungendo il suo apice nel 1964 con L’osso, l’anima, raccolta che chiude la prima parte della stagione creativa di Cattafi e ne sancisce la definitiva affermazione letteraria. Il libro ottiene nello stesso anno il Premio Chianciano, ma quel che ne segue è quanto di più inaspettato ci si possa attendere: proprio nel 1964 il poeta cessa improvvisamente di scrivere.

Nel 1966, a seguito di una estenuante trattativa con l’ENEL, la vendita di una parte dei terreni posseduti in Sicilia consente a Cattafi di godere finalmente di una relativa indipendenza economica. Nel 1967, dopo un breve fidanzamento, sposa Ada De Alessandri con rito civile a Callander, in Scozia. Da quel momento il poeta e la moglie risiederanno prevalentemente in Sicilia, a Castroreale Terme. Negli anni in cui nulla è composto o abbozzato, Cattafi si dedica alla fotografia e alla pittura, ricominciando a viaggiare tra la fine degli anni Sessanta e i primissimi anni Settanta. 

Bartolo Cattafi, sesto nell'immagine a partire da sinistra, riceve nel 1961 il Premio Carducci
Bartolo Cattafi ed Ada Cattafi insieme a Callander, in Scozia, nell'anno 1967

Il 1971 segna l’inizio della seconda fase creativa. In quell’anno, la richiesta di un’edizione fuori commercio di sue poesie da parte dell’editore Renzo Sommaruga smuove qualcosa in modo inaspettato. «Come morso da una tarantola», così si esprime il poeta in un’intervista del 1972 su «Gente», Cattafi riprende definitivamente a scrivere. Sono questi i “secondi” sette anni in cui egli pubblica, assieme ad eleganti plaquette, le sue maggiori raccolte di versi, ottenendo costanti riconoscimenti letterari, tra cui il premio Mondello nel 1975. Ricordiamo i titoli più importanti: L’aria secca del fuoco (1972); La discesa al trono (1975); Marzo e le sue idi (1977); L’allodola ottobrina (1979).

Sempre nel 1971, il poeta si impegna nell’esercizio quotidiano della scrittura diaristica e si dedica, inoltre, a un’interessante attività grafica (chine, acquarelli, oli). In questo periodo di produzione intensa, Cattafi distruggerà anche moltissimi dei suoi testi bruciandoli. Tale pratica è all’origine dell’affermarsi di un’immagine vagamente “romantica” e fuorviante del poeta, specie negli anni successivi alla sua morte, la quale si legherà oltretutto al cliché del poeta-viaggiatore, di un Hemingway insulare. 

Il 2 gennaio del 1978, Cattafi e la moglie celebrano il matrimonio religioso a Messina, dopo un lungo itinerario di conversione spirituale, al quale non fu certamente estranea la nascita, ormai insperata, della figlia Elisabetta nel 1975.

Cattafi muore di neoplasia polmonare il 13 marzo 1979 a Milano.

Un cospicuo numero di poesie inedite, alcune delle quali già organizzate in raccolta ( Chiromanzia d’inverno, 1983; Segni, 1986), usciranno postume grazie alla dedizione di amici e sostenitori, tra i quali si contano, oltre a Raboni, Sereni e Scheiwiller, anche Luigi Baldacci e Silvio Ramat.

Walter Mori scatta una fotografia di Bartolo Cattafi sullo stretto di Messina, anno 1972

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